Quest’anno è un anno speciale per gli appassionati di Charles Dickens: il 9 giugno il mondo celebrerà i 150 anni dalla morte dello scrittore, un secolo e mezzo da quella tragica serata che lo vide andarsene per sempre dopo ore di incoscienza, steso su una chaise longue nella sala da pranzo della sua residenza a Gad’s Hill, vicino Rochester. Eppure, proprio alla vigilia di una ricorrenza tanto significativa sono emerse informazioni che rivelano un misterioso complotto, celato dietro alla sua grandiosa sepoltura all’Abbazia di Westminster. Lo studioso Leon Litvack, Professore della Queens University a Belfast nonché membro del consiglio direttivo del Dickens Museum di Londra, ha recentemente pubblicato alcune delle sue scoperte avvenute nel corso delle ricerche per il suo nuovo libro intitolato Reading Dickens differently pubblicato lo scorso novembre.
Prima di addentrarsi nelle sue scoperte però, ricapitoliamo quella che fino ad oggi è la versione ufficiale di quanto accaduto 150 anni fa. Il mercoledì dell’8 giugno 1870 Dickens si trovava all’interno del suo chalet svizzero intento a scrivere un nuovo capitolo de Il mistero di Edwin Drood, che da gennaio pubblicava a puntate come aveva fatto per la maggior parte degli altri romanzi. Lo chalet si trovava sull’altro lato della strada rispetto alla sua residenza, alla quale era collegato tramite un tunnel sotterraneo così che lo scrittore potesse spostarsi liberamente avanti e indietro senza doversi preoccupare di badare al traffico. Una volta rientrato in casa per cenare in compagnia di sua cognata Georgina Hogarth, fu colpito da un infarto: venne immediatamente allertato il medico più vicino, ma ogni tentativo di rianimarlo risultò invano. Si inviò persino un telegramma a Londra per convocare John Russell Reynolds, allora uno dei neurologi più celebri, ma a nulla servì: alle 18:10 del giorno seguente, Dickens morì.
Per volontà dello stesso scrittore, fu uno dei suoi migliori amici, John Forster, a redigere la sua prima e unica biografia ufficiale. Forster era uno dei pochissimi a conoscere davvero Dickens, aveva vissuto con lui successi e insuccessi, e conosceva il terribile incubo dei tempi in cui un piccolo Charles aveva temuto la distruzione di ogni sua grande ambizione lavorando alla fabbrica di lucido da scarpe.
Nella biografia Life of Dickens pubblicata in 3 volumi, uno all’anno dal 1872, Forster riportò un passaggio del testamento ufficiale di Dickens secondo il quale lo scrittore rifiutava qualsiasi genere di pomposa cerimonia per i suoi funerali:
“Esigo di essere seppellito in maniera economica, priva di ostentazioni e strettamente privata; che nessun annuncio pubblico venga fatto riguardo la data o il luogo della mia sepoltura; che non siano impiegati più di tre carri funebri; e che chiunque partecipi al mio funerale non indossi sciarpe, mantelli, fiocchi neri, lunghi nastri da cappello o altre simili rivoltanti assurdità. Esigo che il mio nome sia inciso sulla mia tomba con chiare lettere inglesi, senza l’aggiunta di “Signore” o “Egregio”. Chiedo ai miei amici di non rendermi in alcun caso oggetto di monumenti, statue o memoriali di qualsiasi genere. Affido le mie pretese alla memoria del mio paese sulla base delle mie opere pubblicate, e a quella dei miei amici sulla base della loro personale esperienza.”
Forster aggiunse inoltre che Dickens avrebbe desiderato essere seppellito nel piccolo cimitero appena fuori dalle mura del castello di Rochester, oppure in quelli delle chiesette di Cobham o Shorne, che si trovavano tutte nei pressi della sua residenza nel Kent. Stando sempre alla versione di Forster, queste alternative risultarono impraticabili, poiché le chiese “erano chiuse”. Così venne messo in atto un piano B, secondo il quale Dickens sarebbe stato seppellito nella Cattedrale di Rochester, al punto che il Decano avviò gli scavi per far spazio alle spoglie dell’autore. Eppure, oggi Dickens riposa nell’angolo dei Poeti dell’Abbazia di Westminster al fianco di altri grandi della letteratura inglese. La ragione che Forster presentò per questo improvviso cambio di rotta fu la volontà popolare; in particolare egli fece riferimento a un articolo del Times pubblicato il 13 gennaio del 1870 secondo il quale l’angolo dei Poeti dell’Abbazia di Westminster sarebbe stato l’unico luogo adatto a un gentiluomo inglese così illustre. Forster aggiunse addirittura che, quando il Decano di Westminster Arthur Penrhyn Stanley chiese ai membri della famiglia di Dickens di dare inizio a quello che risultava a tutti gli effetti un piano C, essi si sentirono in dovere di accettare l’offerta.
Il volere di Dickens così come riportato dal testamento fu rispettato unicamente nella misura in cui il funerale fu effettivamente una cerimonia privata, alla quale presero parte soltanto 14 invitati. La tomba tuttavia rimase aperta per tre giorni così che centinaia di migliaia di lettori potessero raggiungerla e porgere i propri omaggi al compagno dei loro momenti più belli.
Con le sue ricerche Litvack è riuscito a provare che il piano C che condusse le spoglie di Dickens all’angolo dei poeti non fu che un losco piano che Forster e Stanley portarono avanti per scopi personali, piuttosto che per rispettare le volontà dell’autore. Litvack ha basato i suoi studi sul materiale scovato in archivi di biblioteche e cattedrali, ed è riuscito a provare innanzitutto che il Decano Stanley aveva incontrato Dickens nel 1870 tramite un amico dell’autore, Frederick Locker, e il diario privato del Decano rivela che Stanley aveva apprezzato moltissimo quell’occasione speciale. Inoltre, una testimonianza scritta di Locker menziona il fatto che il Decano avesse espressamente dichiarato il suo desiderio di poter celebrare i funerali di Dickens. Non appena venne a conoscenza della notizia della morte dell’autore, Stanley non perse tempo e scrisse a Locker:
Ahimè! –– così presto siamo stati travolti dall’evento che pensavamo così lontano. Non potrò mai ringraziarvi abbastanza per avermi offerto l’opportunità di incontrare Charles Dickens finché v’era ancora tempo per farlo. Dedurrete da quel che ho già detto che mi trovo assolutamente pronto ad accogliere qualsiasi proposta che possa pervenirmi circa la sua sepoltura.
Il Decano avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di vantare l’onore di seppellire nell’abbazia di Westminster uno dei personaggi più illustri della sua epoca, ma vi era un ostacolo: Stanley avrebbe potuto onorare la proposta solo qualora essa fosse arrivata direttamente dalla famiglia dell’autore o dai suoi esecutori; non avrebbe potuto avanzare egli stesso l’invito. Locker quindi decise di frapporsi tra Stanley e la famiglia Dickens inviando per conoscenza al primogenito Charley Dickens la suddetta lettera. Era il 10 giugno.
A questo punto entrò in gioco Forster. Durante il tragico evento, Forster si trovava in Cornovaglia e impiegò due giorni a raggiungere il Kent. Al suo arrivo fu ovviamente sopraffatto dal dolore all’apprendere la tragica notizia, che giungeva come un fulmine a ciel sereno. Il suo primo istinto fu senz’altro quello di portare avanti le volontà di Dickens, tuttavia i registri parrocchiali scoperti da Litvack dimostrano che né la chiesa di Cobham né quella di Shorne erano chiuse in quel periodo. Furono rapidamente avviati i procedimenti per la sepoltura nella cattedrale di Rochester, con tanto di contratti finalizzati e ricevute emesse.
Al diffondersi della notizia, il Times pubblicò un articolo il 13 giugno:
Lasciate che (Dickens) riposi nell’Abbazia. Laddove il popolo d’Inghilterra si riunisce per onorare le lapidi dei grandi maestri e luminari della nazione, non dovrebbero mancare le ceneri e il nome del più grande educatore del diciannovesimo secolo.
Stanley a questo punto non aveva ancora ricevuto alcuna proposta. Quel giorno stesso però Forster e Charley Dickens si presentarono alla sua porta, entrambi covando il sospetto che il Decano avesse suggerito al Times di scrivere l’articolo. Stanley rispose negativamente e colse al volo l’occasione per affermare che non si sarebbe opposto qualora una richiesta del genere fosse stata avanzata.
I documenti scovati da Litvack permettono di tracciare le azioni di Stanley ma non quelle di Forster. Appare evidente però, smentita l’impossibilità di portare avanti il piano A, che Forster avesse degli interessi personali che lo spinsero a far seppellire Dickens a Westminster, come evidentemente anche Stanley. La teoria di Litvack è che Forster avesse bisogno di un finale ad effetto per la sua biografia, mentre Stanley fosse alla ricerca di una cerimonia-evento per dar lustro alla propria carriera.
Non a caso, nel 1872 all’uscita del primo volume della biografia, Forster si affrettò ad inviarne una copia a Stanley, dal quale ricevette la risposta che segue:
Siete assai gentile a riferirvi con tanto affetto a qualsiasi servizio che io possa avervi reso nel portare a compimento il vostro volere e il desiderio del paese in occasione del funerale. Per sempre preserverò il ricordo di tale occasione tra le più interessanti fra le esperienze che io abbia mai traversato nell’arco della mia vita da funzionario ecclesiastico.
Inutile negare che ci lascia con l’amaro in bocca scoprire che persino uno dei suoi amici più cari abbia preferito un finale epico a quello che “l’Inimitabile” davvero desiderava. Quel che è certo è che l’appuntamento per questo 2020 sarà all’Abbazia di Westminster l’8 giugno per celebrare i 150 anni dalla scomparsa del solo e unico Charles Dickens.