Nel mio nuovo videoblog vi racconto 6 curiosità su La donna in bianco di Wilkie Collins, che ho da poco finito di leggere nella bellissima edizione firmata Fazi Editore.
Di che cosa parla La donna in bianco?
Si tratta di un libro pubblicato nel 1859 che segue il protagonista Walter Hartright, un insegnante di disegno che si improvvisa detective per svelare il mistero legato a una donna vestita di bianco in cui si imbatte una notte sulla via per Londra.
È un romanzo di cui dovete fidarvi. Potremmo dire che le prime 300 pagine servono a costruire il mistero e le successive 450 a svelarlo, quindi non vi resta che avere pazienza durante la prima parte perchè poi, ve lo prometto, leggerete la seconda tutto d’un fiato. Anche la modalità narrativa è interessante: come in un processo, l’autore passa la parola a un testimone alla volta per svelare progressivamente la vicenda… e qui arriviamo alla prima curiosità.
1. Wilkie Collins conosceva il mondo legale
La conoscenza del mondo legale rivela un capitolo del passato di Collins. Come molti altri del suo tempo, l’autore aveva studiato a Lincoln’s Inn dal 1835 al 1842 ma non lavorò mai in tribunale. Per tutta la sua carriera di scrittore, la legge rimase comunque tra i suoi principali interessi, nello specifico Collins non smise mai di leggere i resoconti di processi criminali, specie se scritti in francese. Dopo aver letto La donna in bianco vi consiglio infatti di andare a cercare il caso di una certa Madame de Douhault, scoprirete che moltissimi elementi sono stati ripresi da Collins e incorporati all’interno del suo romanzo. Il caso era infatti riportato in un volume che faceva parte della sua libreria personale.
2. La donna in bianco è il simbolo di un genere
Il susseguirsi delle testimonianze dei vari personaggi non fornisce una spiegazione lineare degli avvenimenti ma una serie continua di rivelazioni. È come se la verità che viene proposta al lettore venisse modificata ogni volta che si aggiunge una nuova testimonianza. Proprio questa struttura inserisce il romanzo all’interno del cosiddetto genere del “romanzo sensazionale” e negli anni l’ha reso addirittura l’incarnazione di questo genere. Con La donna in bianco Collins crea una sorta di ponte tra il romanzo gotico del Settecento e il vero e proprio poliziesco del Novecento.
Questo genere però attirò numerose critiche nell’Inghilterra vittoriana: il pubblico era legato al realismo dei grandi racconti come quelli di Dickens, alle storie in cui il significato degli avvenimenti si amplifica per via della loro connessione al mondo reale. In un romanzo misterioso come La donna in bianco, ogni evento ha senso solo per il legame che ha con gli altri accadimenti all’interno della storia. E questo porta a volte e un eccesso di enfasi su alcuni dettagli che poi si rivelano importanti all’interno del racconto, cosa che a più riprese lo stesso Dickens fece notare a Collins.
3. Collins commise un grave errore
La donna in bianco fu pubblicato per la prima volta sulla rivista di Dickens All the year round, in 40 uscite settimane tra il novembre del 1859 e l’agosto del 1860. Immaginerete quanto possa essere complesso tenere il filo di una trama complicatissima dovendo mantenere un ritmo altissimo e senza avere il tempo di portarsi avanti con la stesura. Collins pertanto si trovò ad arrancare tra un’uscita e l’altra, con la costante paura di non farcela. Qualche errore fu quindi inevitabile: proprio nella prefazione inclusa nell’edizione di Fazi Editore, Collins accenna ad alcuni errori corretti successivamente, ma in realtà inizialmente v’era una svista piuttosto grave che portò il Times addirittura a definire il racconto “una delusione” e “una beffa”. Leggendo il libro troverete infatti che le indagini del protagonista si basano principalmente sulla scoperta di alcune date chiave per lo sviluppo della storia: purtroppo però nell’edizione originale Collins aveva commesso un errore proprio con le date, portando il lettore (e così pure il protagonista) fuori strada di ben 15 giorni.
4. Il ruolo di Charles Dickens fu fondamentale
Collins stesso scrisse che “Nessuno, tranne sue madre, era convinto che avrebbe avuto un futuro da scrittore, quando ne era convinto Dickens” e Dickens fece sempre il possibile perché questa sua convinzione si realizzasse. Non solo leggeva i manoscritti di Collins, ma ne ascoltava il progetto iniziale, offriva i suoi suggerimenti e si preoccupava di raccogliere anche altri pareri a casa. Arrivò al punto che Collins a volte si trovò imbarazzato, poichè temeva che se qualcuno avesse scoperto questo estremo supporto da parte del grande autore, la gente avrebbe messo in dubbio il suo talento, attribuendo tutto il suo successo a Dickens.
Eppure, i due si influenzarono moltissimo a vicenda. Per esempio, secondo alcuni Dickens trasse ispirazione proprio dalla scena in cui il protagonista incontra per la prima volta la donna in bianco per raccontare l’incontro tra Pip e Miss Havisham in Grandi Speranze. I due viaggiarono anche tantissimo insieme, specialmente in Italia.
5. Ci sono molti riferimenti all’Italia
Alcuni dei personaggi chiave de La donna in bianco sono italiani, e non è un caso: Collins amava l’Italia e riusciva a sostenere dignitosamente una conversazione in italiano. Pensate che Dickens lo prendeva in giro perchè non riusciva a pronunciare la parola “sdrucciolevole”!
All’interno della storia sono presenti già dalle scene iniziali anche diversi riferimenti alla Divina Commedia. L’Italia fu un paese importante per Collins, tanto che più avanti nella sua carriera su procurò quello che definiremmo un agente letterario nonché traduttore ufficiale, il signor Alberto Caccia, a cui dedicò anche un altro suo romanzo, La figlia di Jezebel.
6. Secondo Collins La donna in bianco fu il suo più grande romanzo
Su una lapide nel cimitero di Kensal Green a Londra ancora oggi leggiamo “In memoria di Wilkie Collins, autore de La donna in bianco e altre opere”. Fu proprio Collins a scrivere queste parole. E anche se quella lapide non riporta altri nomi, assieme a lui riposa anche Caroline Elizabeth Graves, l’amore non proprio così segreto di Collins. Caroline era una vedova con una figlia che, al tempo in cui il romanzo fu scritto, aveva all’incirca l’età della protagonista e tra i suoi tre nomi troviamo proprio quello di Laura, come la Laura Ferlie del racconto. Chissà che non fosse questo uno dei motivi per cui Collins portò sempre nel cuore quel romanzo, più di tutti gli altri che hanno elevato la sua carriera.
Fonti:
- Clyde K. Hyder, Wilkie Collins and the Woman in White.
- Beatrice Corrigan, Antonio Fogazzaro and Wilkie Collins.
- Sue Lonoff, Charles Dickens and Wilkie Collins.
- Peter Caracciolo, Wilkie Collins’s “Divine Comedy”: The Use of Dante in The Woman in White.
- Walter M. Kendrick, The Sensationalism of The Woman in White.
- Dougald B. Maceachen, Wilkie Collins and British Law.
- John Sutherland, Two Emergencies in the Writing of ‘The Woman in White’.