Durante il mio soggiorno in Liguria, oltre all’esplorazione del golfo dei poeti sulle tracce di Byron e Shelley, non poteva mancare una visita a Genova per scoprire alcuni dei luoghi legati a Charles Dickens. Anche questo breve itinerario genovese l’ho documentato con un video-racconto attraverso le mie Instagram stories, ma ho pensato di proporvi anche un articolo, qualora possa tornarvi utile per la vostra prossima vacanza letteraria.
Charles Dickens in Italia
Dickens visitò l’Italia in più occasioni, ma il suo soggiorno più conosciuto nel nostro paese è quello che avvenne tra il 1844 e il 1845. Nel primo volume di Una vita in Lettere trovate appunto un capitolo dedicato alle lettere che Dickens scrisse dall’Italia. Ma lasciate che apra una piccola parentesi: c’è un po’ di confusione quando si parla delle lettere che Dickens scrisse da Genova, perché molto spesso si pensa che abbiano esattamente lo stesso contenuto del libro Pictures from Italy, che Dickens pubblicò nel 1846. Va detto che pochi anni prima Dickens aveva visitato l’America. Durante il soggiorno aveva scritto tantissime lettere dense di dettagli e informazioni ai suoi amici a casa e tornato in Inghilterra si era fatto prestare tutte quelle lettere per utilizzarle come base per scrivere il suo libro di viaggio American Notes. La stessa identica cosa fece poi in Italia, producendo quindi Pictures from Italy. Qui vi faccio notare intanto che in entrambi i titoli possiamo facilmente scovare dei giochi di parole piuttosto interessanti. L’America era una grande potenza economica e “notes” significava sia “appunti”, un po’ come fossero delle memorie, degli schizzi del viaggio, ma anche “bank-notes”, banconote. Alla stessa maniera “Pictures” in “Pictures from Italy” ci rimanda a delle immagini dell’Italia, “pictures”, che voleva dire anche “quadri”, per riferirsi proprio al patrimonio artistico italiano. Per questo in Una vita in Lettere l’ho tradotto con “Affreschi d’Italia”.
Detto questo quindi, voglio chiarire che no, se avete letto Pictures from Italy non avete letto la corrispondenza di Dickens dall’Italia. Avete letto una versione edulcorata, rimaneggiata, potremmo dire auto-censurata forse, comunque senz’altro epurata dai dettagli della vita quotidiana, dagli episodi divertenti, che fra l’altro trovo ben più interessanti di tutto il resto.
Charles Dickens ad Albaro
Nel 1844 Dickens aveva bisogno di una pausa. Era appena uscito l’ultimo numero del romanzo Martin Chuzzlewit e doveva allontanarsi dall’Inghilterra, scegliendo possibilmente una meta più economica di casa. Così, scrisse all’amico e scultore Angus Fletcher per un consiglio (la lettera la trovate nel primo volume di Una vita in lettere ed è divertentissima). Annuncia di voler far rotta verso l’Italia, di aver sentito parlare di un Palazzo di Qualcosa, con una bella vista su un qualche posto… insomma aveva proprio bisogno di una mano. Alla fine Dickens finì a Villa Bagnarello ad Albaro il 16 luglio 1844 e vi rimase fino alla fine di settembre. La Villa sorge nello specifico in quella che oggi è via San Nazaro, e si chiama Villa Barabino. C’è anche una targa che segnala il soggiorno di Dickens. Al tempo era chiamata Villa di Bella Vista, ma Dickens preferiva comunque Villa di Bagnarello perché apparteneva a un macellaio, il signor Bagnarello appunto, particolarmente famoso nella zona perché ogni sera si doveva trovare qualcuno che lo riaccompagnasse a casa perché troppo ubriaco. Lo scrittore definì l’edificio una “pink jail”, una prigione rosa, infatti scrisse all’amico Forster che la trovava la tenuta più desolata, arrugginita e spenta che si potesse immaginare. Racconta che aveva della servitù italiana oltre a quella inglese, che parlava in dialetto genovese incomprensibile, al che la servitù inglese rispondeva in inglese, semplicemente alzando il tono della voce, come se gli italiani non fossero italiani ma sordi, ci dice Dickens. Fece arrivare un pianoforte da Genova, così si godeva la musica e il panorama, che descrive come spettacolare da qualsiasi delle 11 finestre della Villa. Spesso vagava per i dintorni, e in una lettera racconta di una chiesa che lo colpì più delle altre.
Dickens e la Chiesa dell’Annunziata
La Chiesa dell’Annunziata, più propriamente definita Basilica della Santissima Annunziata del Vastato, fu descritta da Dickens come segue: “Certe famiglie nobili stanno spendendo grosse cifre per restaurarla, come opera di carità. È una Chiesa enorme, con molte cappellette all’interno, con una cupola altissima. Ogni centimetro è affrescato; e ogni soggetto è attorniato da un bordo o una cornice dorata, sapientemente lavorata.” A visitarla, si capisce subito perché lo scrittore ne fu tanto colpito: gli interni sono assolutamente mozzafiato.
Charles Dickens a Palazzo Peschiere
Dickens adorava Villa Bagnarello, ma c’era un problema: era freddissima. Non era attrezzata per l’inverno, così il 23 settembre del 1844 tutta la famiglia si trasferì a Palazzo Peschiere. Oggi lo conoscerete come Palazzo delle Peschiere o Villa Pallavicini. Il nome originale derivava dalle tantissime fontane nei giardini, la vista era spettacolare e gli interni erano tutti affrescati. Fra l’altro la storia di come Dickens riuscì ad accaparrarsi questo Palazzo la trovate proprio in Una vita in Lettere (diciamo che ci fu lo zampino di un suo ammiratore!).
Attualmente si tratta di un palazzo privato, visitabile solo su richiesta per ragioni di studio/ricerca. Inoltre, per via dell’emergenza Covid, l’accesso è in ogni caso ammesso soltanto ai giardini. Per questo io stessa non ho potuto che godermi qualche occhiata fugace dall’ingresso, ma dopo aver studiato decine e decine di lettere inviate da Dickens da Palazzo Peschiere, vederlo finalmente con i miei occhi è stata per me un’emozione senza pari!
Charles Dickens a Teatro
In una delle lettere che trovate sempre all’interno del volume, Dickens racconta di aver prenotato un palchetto al teatro che giudica addirittura più grande di quelli di Drury Lane e Covent Garden a Londra. Stando a diversi indizi e andando un po’ per esclusione si trattava facilmente del teatro dell’opera. L’edificio attuale non è quello originale, ma rimane la splendida facciata che potete vedere nelle immagini qui sotto. È facile immaginare Dickens con famiglia e amici, tutti splendidamente abbigliati, che entrano per una serata a teatro!
Nella stessa lettera Dickens cita anche un altro teatro, questa volta all’aperto. Ho fatto qualche ricerca per tentare di localizzarlo e sono arrivata a quello che oggi è conosciuto come il Teatro della Tosse. Secondo i curatori dell’edizione dell’epistolario pubblicata da Oxford University Press, in quella zona sorgeva il teatro citato da Dickens nella lettera e che al tempo portava il nome di Teatro Sant’Agostino. Fra l’altro, quella per gli eventi all’aperto è una vocazione ancora mantenuta nel quartiere. Specifico che l’edificio del Teatro della Tosse è di recente costruzione, pertanto non è di certo lo stesso che si ergeva al tempo di Dickens, ma probabilmente sorgeva più o meno sulla stessa area.
Charles Dickens a Palazzo Gropallo
L’ultima tappa del mio breve tour avrebbe dovuto essere Palazzo Gropallo a Genova. Ero alla ricerca di un luogo insospettabilmente molto importante nella carriera di Dickens, perché è proprio lì che lo scrittore tenne quello che può essere considerato il primo public reading, la prima lettura pubblica del Canto di Natale. Sappiamo che l’edificio era proprietà del console Yeats-Brown, che aveva proposto a Dickens la lettura del racconto natalizio per allietare la serata alla sua cerchia di amici. Il figlio del console raccontò successivamente che la scrivania di Dickens era posta accanto alla porta che dava sul salone centrale, e vi erano appoggiati una lampada, un bicchiere d’acqua e un sacchettino con dell’uvetta, tutto su richiesta di Dickens. Gli ospiti sedevano tutt’intorno alla stanza, illuminata da un maestoso candelabro veneziano, con candele che pendevano dal soffitto. Dall’invito scaturì in realtà una piccola lite che trovate raccontata in Una vita in Lettere. Insomma, credevo di aver individuato il palazzo corretto, fra l’altro dagli esterni spettacolari, peccato che una breve esplorazione all’interno mi ha rivelato che la struttura risaliva al 1906, non poteva quindi trattarsi del palazzo che cercavo. Questo piccolo intoppo a fine percorso però non mi dà che una ragione in più per tornare presto a Genova e rimettermi sulle tracce di Charles Dickens.
A presto col prossimo itinerario dickensiano!
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